Patrizia Parolin

Biografia dell'artista

  • 26/04/1974 Cristina “Tina” Alberton nasce a Bassano del Grappa.
  • 1989 – Con la mia famiglia si è trasferisce in Svizzera dove frequenta la scuola di lingue per 6 anni.
  • 2009 – 3° classificata con l’opera “Ricordi” al Concorso Palladio D’Oro di Vicenza.
  • 2010 e 2011 – Pubblicazione in Avanguardie artistiche del Centro Diffusione Arte, Palermo.
  • 2010 – Mostra personale a Marostica, alla chiesetta La Scoletta.
  • 2011 – Premi Pablo Picasso “Per l’elevato valore stilistico delle opere”.  
  • 2015 – Opere in mostra al Salone del mobile di Milano per stand azienda di arredamento FM Bottega d’Arte srl. S. Zenone degli Ezzelini, Treviso. 
  • 2018-2019 – Partecipazione ad Ortus talenti dell’azienda FA Ricami srl di Villaverla, Vicenza.

Intervista

La vita ci insegna che bisogna cogliere al volo i treni che ci passano davanti. Se li si perdono, diventa difficile poi risalirvi. A meno che tu non abbia talento e quel pizzico di testardaggine che ti spinge a non mollare. Patrizia Parolin quel treno l’ha perso troppo presto, abbandonando appena al primo anno l’istituto d’arte. Se quel treno era definitivamente perso, Patrizia Parolin è riuscita a prenderne un altro qualche anno più tardi, iscrivendosi nel 1995 ad un corso di pittura con Gianni Chiminazzo e rimanendo così in corsa.

Ha mai avuto il rimpianto per aver lasciato la scuola al primo anno?

“No. Perché avevo capito che era finito il mio periodo. Nel 2014 ho provato a riprendere gli studi riscrivendomi all’istituto Fanoli di Cittadella. Però mi hanno detto che le tecniche attuali non sono più quelle di prima. Il lavoro nel corso degli anni si è molto digitalizzato, quindi si usa sempre di più il computer e meno il pennello. Quando ho visto che non era il caso, un po’ dispiaciuta, ho deciso di lasciar perdere definitamente”.

Ci racconti l’esperienza con Gianni Chiminazzo. Cosa ha appreso in quel periodo?

“Era un corso base di appena dieci lezioni di acquerello. Ma, nonostante ciò, in poco tempo ho perfezionato le tecniche dello zucchero, del sale e del lattice”. 

Di che cosa si tratta?

“Il sale assorbe il colore nella carta assumendo l’effetto neve. Lo zucchero invece espelle il colore e quindi dà profondità ed esplosività al disegno. Infine, il lattice serve a schermare una parte e la uso per esempio come sfondo dell’acqua che si riflette sugli edifici”. 

Se consideriamo gli studi, lei sono venticinque anni che dipinge…

Sono stata ferma soltanto tre anni, quando è nato mio figlio. Poi ho ripreso però l’esplosione l’ho avuta cinque anni fa”.

Perché usa il termine esplosione?

“Indica il cambio della mia tecnica che ora è più sicura, più precisa e guidata dal mio istinto. Ho migliorato il dosaggio con l’acqua e le prospettive”.

Ci racconta alcuni aspetti della sua vita privata?

“Non mi piaceva l’arte e non mi interessava tanto. Volevo fare la parrucchiera, però sono finita a lavorare in fabbrica per 16 anni. Ho fatto di tutto. Dalle tute da sci, vestiti per bambini, trofei, serramenti, metalmeccanica. Cambiavo spesso perché fortunatamente riuscivo ad imparare in fretta il mio mestiere e di conseguenza quasi mi annoiavo. Dal 2010 svolgo il lavoro di OSS (operatore socio sanitario)”.

Cosa rappresenta per lei l’arte?

“L’arte un piccolo pezzo del tuo mondo dove stacchi da tutto. Dove ritrovi la serenità e la stabilità. Nell’arte ti immergi con l’anima e con il corpo e dai il meglio di te stesso. Paradossalmente nelle giornate difficili riesco a dipingere meglio in quanto riesco a buttare fuori la negatività interiore. Dipingere un quadro per me rappresenta una seduta di meditazione”. 

Perché ha predilige proprio l’acquarello?

“E’ una delle tecniche più difficili dato che si devono dosare bene l’acqua con il colore. Bisogna anche stare attenti al tipo di carta da usare. Per esempio, con la carta liscia le sfumature sono più definite. Nella carta ruvida i colori si combinano meglio e il disegno a vista è più bello. Oltre a queste, ci sono una infinità di tecniche. Ci tengo a ringraziare il professor Giuseppe Lazzarotto che aveva intravisto in me una propensione all’acquarello”. 

Lei è anche una paesaggista. Ciò è legato ad alcuni suoi hobby?

“Sicuramente, dato che amo la natura, soprattutto le passeggiate in montagna”.

 Ma perché in molti quadri spesso sono presenti i sassi?

“È difficile da spiegare. Da un soggetto così duro inanime riesco ad esaltare bene le sfumature. Il sasso lo devi creare dal nulla”. 

Come si immagina tra qualche anno?

“Sicuramente continuerò a dipingere. Poi mi piacerebbe realizzare un mio piccolo sogno che è quello di aprire uno studio di massaggi viato che nel 2010 ho conseguito il diploma di OSS e collaboro con figure professionali quali medici, infermieri, fisioterapisti, psicoterapeutici…”.

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